
La provincia lombarda opìma ed operosa riserva non-sorprese quante se ne vogliono. Sparare e cavarsela, e uscir di scena in una maniera tale da fare ribrezzo persino ai procuratori. Persino a chi viene a raccattare quello che rimane di te per toglierlo di mezzo, prima che grazie al sole di fine estate tu riesca a fare ulteriori danni.
Così non si capisce nemmeno cosa potessero averti mai fatto, Salvatore Staltari, quella Catherine Panis che aveva trent’anni meno di te e vostra figlia Stefania Staltari, che di anni ne aveva quindici.
Salvado’, scusa tanto, ma dalle foto che sono venuti a fare dopo che hai sparato -nel sonno, dicono- a due donne persino l’ingresso di casa tua riesce ad apparire scostante. Una casaccia con il nulla da una parte e i capannoni degli spedizionieri dall’altra, una specie di anticipo di inferno in cui forse certe idee verrebbero anche alla più posata e razionale delle persone. Sembra che nemmeno i servizi sociali volessero più avere a che fare con te a Francolino di Carpiano, a un tiro di schioppo dagli apericena milanesi e dal quadrilatero della moda.
Hai sparato e te la sei cavata, e con una di quelle pistole da film americano che sono il sogno di ogni provincialotto in là con gli anni ma prepotente e cialtrone come quando ne aveva undici o dodici e il massimo della vita era cercare di fracassare caviglie e ginocchia di chi osava contrastarlo sul campetto parrocchiale. Chissà come mai a settant’anni suonati eri ancora a diventar matto per mettere insieme qualche spicciolo.
Tra l’altro ti ci avevano anche già beccato, con armi che non avresti dovuto avere. Diciamo che non ti sei fatto mancare proprio niente.
Chissà se avevi anche un cane.
Avresti ucciso anche quello?
Ma no, forse no.




La gioventù napoletana, così esuberante e sincera,così calda di cuore e di sangue, la sera del dodici agosto si stava dedicando alla tradizionale sassaiola di mezza estate quando un immigrato bengalese con regolare permesso di soggiorno (conditio sine qua non per essere aggrediti, derubati, calpestati e derisi che i giornali non mancano mai di riportare) invece di continuare a sudare dietro le sue attività senz’altro all’insegna dell’estremismo islamico ha avuto la pessima idea di 

Il marchio Jeep è statunitense, anche se la Renegade la fabbricano a Melfi; e proprio una Jeep Renegade usata con molta disinvoltura ha messo in un grossissimo guaio il signore nella foto.
O prima la violentano, poi la picchiano e alla fine le tendono un agguato, chissà se era questo l’ordine giusto. Oppure: prima l’hanno picchiata, poi le hanno teso un agguato e alla fine l’hanno violentata, chissà.