Io sparo e me la cavo – 2

Cosa si fa se si è orfani, soli al mondo e senza nessuno che ti rivolga la parola da un anno all’altro (e magari c’è anche il suo bravo motivo)?
Ci si licenzia dal lavoro, si racconta qualche balla qua e là per contentare i curiosi e ci si chiude in casa.
Unica compagna sempre più fedele -ed è anche il minimo- resta la bottiglia.
Ah, e una Beretta 98, capitata fra le mani in un momento di noia e regolarmente denunciata, ci mancherebbe altro.
Poi la casa vicina passa di padrone, e i padroni nuovi fanno qualche lavoretto.
Che bello! Finalmente si può piantare qualche grana con i tubi delle caldaie e le fosse biologiche che ci si rifiuta di pagare. Ci sono i tribunali intasati da cause su questioni ben meno importanti: perché mai non dare il proprio contributo a quella che è una vera e propria gloria nazionale criticando, supponendo, vagliando, confrontando e giudicando?
Ma i vicini continuano, con tanti saluti alle critiche, alle supposizioni (per tacere delle supposte), dei vagli, dei confronti e dei giudizi.
Non solo vanno avanti con i lavoretti, ma fanno anche rumore.
Di quei rumori che lacerano timpani e borsa scrotale, proprio.
E cosa si fa se non si sopportano i rumori dei vicini?
Una persona razionale, seria, quadrata e tutta d’un pezzo[*] non ha né dubbi né esitazioni.
Li va a cercare una domenica mattina con la Beretta 98 e gli vuota addosso mezzo caricatore.
Ammazzandoli come cani.

[*] E che pezzo.

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